mercoledì 11 gennaio 2012

Capodanno nel Delta

Sono ormai alcuni anni che in prossimità della festività di Capodanno ci allontaniamo dalla confusione della città; e sopratutto dai "botti" che, nonostante tutto, ci vengono ancora elargiti a piene mani! Quando si dice la stupidità umana...
Bene, abbiamo puntato il muso dell'auto verso nord, abbiamo dato le dovute istruzioni a Chiara (è il nostro angelo custode, la vocina del...TomTom) e ci siamo ritrovati, per tre giorni, a girovagare tra le lagune e le valli del Delta del Po.
Stessa situazione logistica di due mesi prima (Papozze) stessa casa (quella di Paola, ci siamo trovati così bene...) ma stavolta eravamo soli soletti, senza attorno quella "sporca mezza dozzina" dei nostri amici emiliani: ma che casinisti che sono!!! 
Però quando non ci sono sembra mancare qualcosa...........
Abbiamo così assaporato le prime ore del mattino sul fiume, quando gli argini e le alberature portano ancora i segni delle gelate notturne. Quando il freddo ti prende allo stomaco e, se parli, dalla bocca ti escono parole tremolanti dentro a una nuvoletta di condensa, come quelle dei fumetti!




Nei nostri binocoli sono entrate le sagome di quasi tutte le specie di uccelli che popolano queste zone, e che ci si aspetta di vedere d'inverno. Ma quello che ci ha maggiormente colpito è stata la massiccia presenza di rapaci: poiane, gheppi, sparvieri e albanelle reali.
Le poiane sopratutto, numerosissime e in ogni luogo: una specie che più che definire comune si potrebbe classificare proprio come abbondante e in ottima salute nel delta.
Al sole, sui pali, a fare bella mostra di se,


o quasi sempre in caccia da appostamento: da un opportuno posatoio a scrutare il prato sottostante, un tuffo nell'erba e...avrà catturato qualcosa?



Molto spesso gli attacchi vanno a vuoto: non è poi così semplice guadagnarsi "la pagnotta"! Che delusione quando ci si ritrova con solo erba e terriccio tra gli artigli!


Questa volta il topolino selvatico ce l'ha fatta. Ma quanto durerà? Che non c'è solo la poiana tra i suoi nemici: oltre il gheppio, l'albanella e tutti gli aironi del mondo bisogna guardarsi anche dalla civetta; che poi non caccia solo di notte, anzi...



Tra i passeriformi vogliamo parlarvi di due specie che abbiamo incontrato sopratutto sulle scogliere delle lagune: lo scricciolo e il pettirosso. Vanno a caccia d'insetti tra le alghe che crescono sugli scogli a pelo d'acqua o s'intrufolano, velocissimi e acrobatici tra gli scogli stessi.


Osservando l'attività frenetica di questi due uccelletti ci siamo resi perfettamente conto di come tra il cibo, e quindi la vita, e il predatore, e quindi la morte, corra una linea sottilissima che può essere interrotta in un attimo e in qualsiasi momento.
Quando avevano delle soste nella loro ricerca di cibo, lo facevano fermandosi sempre in punti sopraelevati, in modo da poter avere quanto più spazio libero attorno per accorgersi in tempo dell'arrivo del predatore.


E non è che non ci fosse il pericolo: si materializzava all'improvviso sotto le sembianze dello sparviere "di scogliera"! Arrivava radente la fila dei massi, tra questi e l'acqua, pronto a catturare lo sprovveduto e disattento passeriforme. Facendo brevi soste, per poi ripartire e tentare ancora la sorte.



Tra le strategie difensive messe in atto è stato buffo osservare come lo scricciolo, pur di arrivare a scoprire più spazio aereo possibile se non avesse ritenuto quel punto di osservazione il migliore, si allungasse sulle zampe stirando il corpo ed il collo verso l'alto, quasi a mettersi in punta di piedi! Tutto per guadagnare un centimetro in altezza, non di più. Ma poteva voler dire salvarsi la pelle, almeno per quella volta!


Abbiamo constatato come le vie di fuga fossero due: o infilarsi tra gli scogli, dove lo sparviere non avrebbe potuto inseguirli, o rifugiarsi tra le tamerici poste sull'altro lato della stradina che costeggia la laguna. Ma qui viene il bello, anzi il brutto per i nostri due piccoli amici. Posato a terra, a ridosso degli alberi, era appostato quest'altro sparviere, un bel maschio.


Stava lì, immobile, pronto ad approfittare del malcapitato che per sfuggire agli attacchi del primo sparviere, avesse tentato di rifugiarsi nel fitto della vegetazione. 
Che vitaccia però: per gli uni e per gli altri!

Rientrando poi la sera verso casa, stavamo ben attenti a calcolare i tempi per arrivare puntuali con il tramonto del sole, in un punto lungo il fiume che ci piace particolarmente.




E in quei momenti, appagati della giornata trascorsa, ci lasciavamo scaldare dagli ultimi raggi di sole guardando scorrere lentissimamente il fiume, ascoltando il confuso chiacchiericcio di alcuni anziani seduti su delle vecchie sedie sul piccolo pontile di Papozze. 
Quel silenzio e quella calma: la magia del "grande fiume"!